Totò Cuffaro testimone a un evento sulle carceri: "Non dimenticate i detenuti"
“Non bisogna dimenticare, io non voglio l’oblio su di me”. Totò Cuffaro partecipa tra il pubblico a un evento formativo organizzato dall’Ordine di Sicilia e, visto il tema, non si sottrae al confronto. Perché nella sala-teatro del carcere minorile Malaspina di Palermo si parla di “Identità personale e diritto all’oblio” e uno degli argomenti è proprio come raccontare la realtà carceraria. Cuffaro offre così il proprio contributo di ex detenuto ai tanti giornalisti presenti. L’ex presidente della Regione, condannato per favoreggiamento aggravato dall’agevolazione di Cosa nostra, reduce da poco meno di cinque anni di reclusione, tocca numerosi temi, dal modo in cui i media vengono percepiti nelle carceri (“Ascoltano tutti Radio radicale, perché è l’unica che parla dei detenuti”) al trattamento che la società riserva a chi è in cella: “La società? Ha voglia di dimenticare che ci sono persone che hanno sbagliato, ma che sono persone. Ci sono cose che non si sanno o non si vogliono sapere”.
A tenere il corso, moderato dalla vicepresidente dell’Ordine, Teresa Di Fresco, con l’intervento del direttore dell’istituto di pena, Michelangelo Capitano, è l’avvocato Nino Caleca, che ha assistito nel processo “Talpe in Procura” l’ex senatore, definito dal presidente dell’Ordine siciliano, Riccardo Arena, pure lui presente, “ex potente, ma forse non troppo”, vista la sua perdurante “capacità politica”. “C’è tanta ipocrisia – dice ancora Cuffaro – perché secondo una recente circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria le celle non si chiameranno più così ma ‘camere di pernottamento’ e nel nostro ordinamento già l’ergastolo ufficialmente non esiste: per chi ce l’ha è ‘solo’ previsto il fine pena nel 9999. Non parliamo poi della funzione rieducativa della pena, che è solo sulla carta”.
L’ex governatore siciliano conclude ricordando che gli organi di informazione devono occuparsi di più delle carceri (“Non ignorate i suicidi, sono un sintomo importante del malessere che si vive lì”) e così anche i politici. Facendo personalmente ammenda: “Quando ero in politica nemmeno io me ne occupavo, a parte l’assolvimento dei miei doveri istituzionali. Ho fatto pochissimo da presidente e quasi nulla da senatore. Non voglio che si dimentichi la mia esperienza. Un pluriergastolano, poco prima che uscissi da Rebibbia, mi disse che sarò veramente libero quando troverò la forza di ringraziare il mio Dio per i miei anni di carcere. E’ una cosa che mi ha scioccato, perché terribilmente vera”.
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