Processo Rostagno, l’OdG parte civile: “Derise mafia e per questo fu ucciso”


Processo Rostagno, l’OdG parte civile:  “Derise mafia e per questo fu ucciso”
Didascalia: Processo Rostagno, l’OdG parte civile: “Derise mafia e per questo fu ucciso”

Il giornalista e sociologo Mauro Rostagno fu ucciso la sera del 26 settembre del 1988 perché "non aveva paura di sfidare Cosa Nostra”. E l'Ordine dei giornalisti di Sicilia, che è costituito parte civile al processo contro il boss di Trapani Vincenzo Virga e il presunto esecutore materiale del delitto, Vito Mazzara, chiede un milione di risarcimento. Nel dibattimento, in corso davanti alla Corte d'Assise di Trapani, i pm Gaetano Paci e Francesco Del Bene hanno chiesto la condanna all'ergastolo per i due imputati. La sentenza, attesa per metà maggio, potrebbe far luce sul delitto e dare un volto ai mandanti, avvalorando la matrice mafiosa, dopo una lunga serie di ipotesi investigative e di depistaggi che hanno accompagnato le indagini. 

 

Per l’Ordine dei giornalisti l’origine dell’omicidio di Rostagno non è mai stato un mistero, dato che da sempre la firma della mafia dietro l'esecuzione e' riconoscibilissima. La condanna a morte sarebbe collegata all'intensissima attività giornalistica svolta dall'animatore della comunità Saman all’interno dell'emittente televisiva RTC, dove il sociologo realizzava trasmissioni d'inchiesta sugli affari di Cosa nostra. Un nesso cruciale, quello tra l’impegno quotidiano per la legalità e la sua morte, evidenziato con forza dagli avvocati Francesco e Giuseppe Crescimanno, che nel processo in assise rappresentano l’Ordine siciliano.

 

 

“Rostagno è stato profondamente giornalista e non è stato per nulla schiacciato dal senso della morte – ha detto in aula Francesco Crescimanno – e per Cosa Nostra l'essere ricondotta ad aspetto folkloristico, derisa e anche indicata come nefasta e colpevole delle disgrazie della società, non era più tollerabile. La vera pista – ha aggiunto il legale - è quella mafiosa, mentre le altre sono inconsistenti”. Per molti anni, infatti, ha tenuto banco anche un’altra ipotesi investigativa, che collegava la morte di Rostagno agli ambienti di Lotta Continua e ai suoi trascorsi all’interno del movimento. Una pista destituita di fondamento anche per l'avvocato Giuseppe Crescimanno: “La decisione di Rostagno di scegliere come suo legale l'avvocato Giuliano Pisapia – ha sottolineato - già difensore di altri indagati per l'omicidio del commissario Luigi Calabresi, è la prova che non aveva alcuna intenzione di accusare i suoi compagni e dimostra l’inconsistenza di questa ipotesi”.

 

Parte civile anche l’Associazione siciliana della stampa, anch'essa convinta da sempre che l’omicidio di Rostagno sia maturato in un contesto mafioso.  “La mafia – ha detto durante l'arringa l'avvocato Francesco Greco, che rappresenta nel processo il sindacato regionale dei giornalisti - non ha mai esitato a ostacolare il cammino di chi ha lavorato da cronista per far cambiare le sorti del territorio”.